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Firenze non segna e non sogna più

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Il Genio sembra essere ritornato sia pure a rate nella lampada, e Aladino è lì che non sa più che cosa strofinare. E pensare che con i suoi desideri c’era andato molto vicino: vorrei una società solida, con un management capace; vorrei un tecnico giovane e brillante, che sappia far giocare bene la squadra; vorrei una rosa competitiva senza necessariamente svenarsi con i bilanci giacché il bacino di una città meravigliosa eppur piccina è quello che è. E adesso, invece, povera Fiorentina storicamente così amata come i calcianti storici che la rappresentano, da quasi mezzo secolo senza scudetti pur con una tradizione e un palmares più che rispettabili, ti ritrovi incompiuta e spezzettata come forse nessuno poteva prevedere anche solo dieci mesi fa.

Il percorso era anche allora un po’ incerto, l’Europa League filava che era una meraviglia ma il campionato era un saliscendi in cui mancava il Grande Infortunato, la stella Gomez, ma faceva tutto o quasi lì davanti Pepito Rossi, autentico gioiello internazionale calato in una psiche per sua fortuna più americana che nostrana.

E insomma si sognava mentre Rossi segnava, e intanto il fiorentino (di provincia) Matteo Renzi vinceva il suo campionato personale delle primarie Pd in attesa di arrivare in Champions come premier e presidente semestrale del Consiglio europeo. Ma dall’Epifania in poi, con l’ennesimo grave infortunio di Pepito è stato tutto un fluff, una volatilizzazione di speranze un po’ per tutti se non per Renzi che però non scende in campo e non è esattamente un talismano in tribuna…

È un peccato, davvero, e non solo per i fiorentini. Un club serio – che paga puntualmente gli stipendi – con una proprietà finalmente avveduta, un allenatore che prende in giro il mondo ma conosce il suo mestiere, una rosa più che accettabile nel contesto italiano che contempla due sole squadre “vere”, la Juventus e la Roma in ordine di classifica e invertite ad oggi in fatto di qualità… e invece domenica un altro fluff, equamente distribuito in questo inizio di stagione tra lo stadio di casa e le trasferte, il peggiore degli ultimi tre anni. Non è soltanto una questione di punti e gol che mancano, o di classifica stenta: raramente (cfr. con l’Inter) si vede del bel calcio, la campagna acquisti è stata perlomeno bizzarra, Montella sembra disorientato e forse almeno in privato davanti allo specchio confesserà i suoi svarioni, la maggior parte dei giocatori è fuori forma al punto da far dubitare del loro livello di decenza.

Il tutto accade paradossalmente mentre il club societaria-mente si irrobustisce e lo stadio nuovo, d’accordo con il Comune guidato dal tifoso Nardella, non pare più un miraggio. Sì, è vero, nei primi anni i Della Valle si sono persi dietro un’idea di Rinascimento pallonaro che non sono stati in grado non dirò di sviluppare ma neppure di far partire, abortendo fin dall’inizio l’idea assai sana di un azionariato popolare come si deve. Ma poi si sono sufficientemente adeguati alle brutture imparando dai loro errori e appunto fino a una decina di mesi fa la realtà fiorentina era tra le più accattivanti di un campionato ormai largamente démodé. Ma adesso non torna più quasi niente: acquisti discutibili, cessioni mancate (Cuadrado o lo vendi o lo tieni, non lo tieni vendendolo…), differenza di vedute in società tra il settore amministrativo e quello tecnico, moduli di gioco che paiono appassiti come gigli d’estate e soprattutto un entusiasmo sfiorito malgrado la straordinaria passione fiorentina che lega cittadinanza e tifo come in poche altre sedi.

Non è simpatico, questo “buco viola” del pallone italico proprio perché erano differenti le premesse e le promesse. Addossare tutto alla sfiga colossale, effettiva, degli infortuni a due fuoriclasse è purtroppo ormai un alibi dannosissimo, cui nei famosi dieci mesi poteva essere posto riparo. Specie considerando che il livello postelegrafonico dell’insieme, eccezion fatta per le solite due, ci dice ogni domenica che quel terzo posto e il denaro profumato della Champions non avrebbero bisogno di un surplus di sfregatura della lampada da parte del nostro garzone Aladino.

Ma è indispensabile che si abbia contezza di questo “buco viola” e non si traccheggi in spiegazioni di giornata. Va rivisto il telaio, il motore e lo spirito con cui si guida. È impresa fattibile, sempre considerando la modestia circostante. E la cosa sarebbe salutare per l’habitat calcistico tutto, quello che fino a dieci mesi fa sbrodolava per la Viola.

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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